Quello che dovrebbe essere un dato normale diventa se lo facciamo una “rivoluzione copernicana”: l’ammalato al centro di tutto.
La voce dei pazienti oggi viene coperta da altre molto più forti: quella della politica e quella dei dipendenti.
L’ “appeasement” non mi si addice e, se qualcuno mi vuole fare credere che l’asino vola deve dirmi che a riuscirci sono solo quelli molto bravi e che lo fanno solo a bassa quota.
Non intendo schierarmi con nessuno (tra l’altro non saprei scegliere) anche perché sono sempre stato schierato con l’ammalato (Non l’utente come oggi viene chiamato).
Ed è solo in questa direzione che và la mia riflessione, come contributo a migliorare la qualità della sanità scevro da “condizionamenti politici” o di qualsivoglia “dipendenza”.
Cinque sono i punti fondamentali che , a mio avviso, dovrebbero guidare il pensiero e l’azione di chi ha a cuore l’ammalato.
Il primo, già detto in premessa, è l’ammalato cioè colui che soffre e che è l’anello più debole di questa catena ( I medici potrebbero rileggersi il giuramento di Ippocrate la sera prima di andare a letto)
Il secondo è che la politica deve essere allontanata dalla sanità.
La politica si è riappropriata della scelta dei direttori generali facendo scomparire i criteri di competenza.
La spartizione è stata estesa a tutte le cariche principali delle aziende sanitarie.
La politica (cosi come viene concepita ai giorni nostri) con la sanità mal si concilia, in quanto è causa di corruzione e di interesse personale.
Punto tre. L’Aziendalizzazione voluta dal Governo Amato con la legge delega 421 si è rivelata per molti aspetti un fallimento, ma potrebbe essere mantenuta solo se si cerca di dare voce ai pazienti-consumatori mediante l’introduzione di principi di controllo di qualità e di misura della soddisfazione dei pazienti (queste erano le intenzioni, e di cui forse ci siamo dimenticati)
Il punto quattro nasce di conseguenza. Le Aziende ospedaliere devono essere gestite con criteri rigorosamente aziendali da direttori con provata esperienza manageriale provenienti dal settore pubblico, e si auspica, anche da quello privato; prevedere la rimozione automatica dei direttori generali che non riescono a conseguire gli obiettivi aziendali (che non può essere il pareggio di bilancio a scapito dell’ammalato)
Il fondo sanitario è cresciuto dai circa 48 miliardi del 1995 ai circa 90 miliardi di euro del 2005, con una crescita della spesa diretta dei cittadini da circa 10 miliardi del 1995 ai circa 25 miliardi attuali.
Un tasso di crescita annuale ben superiore a quello programmato, che pure non ha corrisposto ad un miglioramento delle prestazioni.
Il punto cinque (ultimo e più importante).La scelta della struttura sanitaria dove eseguire le prestazioni. Se si aumentasse la capacità di scelta da parte dei pazienti, aumenterebbe la pressione competitiva sugli ospedali ad usare bene le risorse e produrre servizi di qualità ( Come avviene in Germania, Olanda, Svizzera ed una sperimentazione è stata avviata, con successo, dalla Regione Lombardia)
Si tratterebbe di sottrarre l’acquisto delle prestazioni sanitarie all’amministrazione pubblica, attribuendone la responsabilità a fondi di natura mutualistica.
Il compito dei fondi sarebbe quello di aiutare i pazienti a scegliere: negozierebbero i livelli di prestazione con le strutture sanitarie, pubbliche e private, individuando per conto dei propri associati le strutture meglio in grado di prestare servizi di qualità.
Il mio è il “pessimismo della ragione” e lancio un allarme: oggi è venuto il momento delle responsabilità, dove credo che nessuno debba e possa tirarsi indietro.
Antonio Nicolò- Capogruppo di Alleanza Nazionale
La voce dei pazienti oggi viene coperta da altre molto più forti: quella della politica e quella dei dipendenti.
L’ “appeasement” non mi si addice e, se qualcuno mi vuole fare credere che l’asino vola deve dirmi che a riuscirci sono solo quelli molto bravi e che lo fanno solo a bassa quota.
Non intendo schierarmi con nessuno (tra l’altro non saprei scegliere) anche perché sono sempre stato schierato con l’ammalato (Non l’utente come oggi viene chiamato).
Ed è solo in questa direzione che và la mia riflessione, come contributo a migliorare la qualità della sanità scevro da “condizionamenti politici” o di qualsivoglia “dipendenza”.
Cinque sono i punti fondamentali che , a mio avviso, dovrebbero guidare il pensiero e l’azione di chi ha a cuore l’ammalato.
Il primo, già detto in premessa, è l’ammalato cioè colui che soffre e che è l’anello più debole di questa catena ( I medici potrebbero rileggersi il giuramento di Ippocrate la sera prima di andare a letto)
Il secondo è che la politica deve essere allontanata dalla sanità.
La politica si è riappropriata della scelta dei direttori generali facendo scomparire i criteri di competenza.
La spartizione è stata estesa a tutte le cariche principali delle aziende sanitarie.
La politica (cosi come viene concepita ai giorni nostri) con la sanità mal si concilia, in quanto è causa di corruzione e di interesse personale.
Punto tre. L’Aziendalizzazione voluta dal Governo Amato con la legge delega 421 si è rivelata per molti aspetti un fallimento, ma potrebbe essere mantenuta solo se si cerca di dare voce ai pazienti-consumatori mediante l’introduzione di principi di controllo di qualità e di misura della soddisfazione dei pazienti (queste erano le intenzioni, e di cui forse ci siamo dimenticati)
Il punto quattro nasce di conseguenza. Le Aziende ospedaliere devono essere gestite con criteri rigorosamente aziendali da direttori con provata esperienza manageriale provenienti dal settore pubblico, e si auspica, anche da quello privato; prevedere la rimozione automatica dei direttori generali che non riescono a conseguire gli obiettivi aziendali (che non può essere il pareggio di bilancio a scapito dell’ammalato)
Il fondo sanitario è cresciuto dai circa 48 miliardi del 1995 ai circa 90 miliardi di euro del 2005, con una crescita della spesa diretta dei cittadini da circa 10 miliardi del 1995 ai circa 25 miliardi attuali.
Un tasso di crescita annuale ben superiore a quello programmato, che pure non ha corrisposto ad un miglioramento delle prestazioni.
Il punto cinque (ultimo e più importante).La scelta della struttura sanitaria dove eseguire le prestazioni. Se si aumentasse la capacità di scelta da parte dei pazienti, aumenterebbe la pressione competitiva sugli ospedali ad usare bene le risorse e produrre servizi di qualità ( Come avviene in Germania, Olanda, Svizzera ed una sperimentazione è stata avviata, con successo, dalla Regione Lombardia)
Si tratterebbe di sottrarre l’acquisto delle prestazioni sanitarie all’amministrazione pubblica, attribuendone la responsabilità a fondi di natura mutualistica.
Il compito dei fondi sarebbe quello di aiutare i pazienti a scegliere: negozierebbero i livelli di prestazione con le strutture sanitarie, pubbliche e private, individuando per conto dei propri associati le strutture meglio in grado di prestare servizi di qualità.
Il mio è il “pessimismo della ragione” e lancio un allarme: oggi è venuto il momento delle responsabilità, dove credo che nessuno debba e possa tirarsi indietro.
Antonio Nicolò- Capogruppo di Alleanza Nazionale
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