martedì 19 ottobre 2010

La morte di Don Chisciotte

Alonso Chisciano non sembrò per nulla contento dei due valentissimi cani per custodia del bestiame, comprati per lui dal baccelliere, l’uno chiamato Barcino e l’altro Butrone, da un pecoraio di Chintanar.
Ne servirono a nulla le parole di quello che era stato il suo fido scudiero Sancho Pancia: “vossignoria non muoia signor mio, pigli il mio consiglio, badi a vivere, ché non può fare l'uomo peggiore bestialità in questa vita del lasciarsi morire così alla babbalà, senzaché nessuno lo ammazzi né altre mani lo finiscano fuorché quelle della malinconia; non si lasci per carità cogliere dalla poltroneria, e si levi da questo letto che anderemo in campagna vestiti da pastori come siamo rimasti d'accordo; e chi sa che dietro a qualche bosco non troviamo la signora donna Dulcinea non più incantata, com'è comune nostro desiderio: e se per caso vossignoria muore del dolore di essere stato vinto, ne dia a me tutta la colpa, e dica che se avessi strette un poco le cinghie a Ronzinante, non sarebbe stramazzato; e già vossignoria avrà letto molte volte nei suoi libri di cavalleria che i cavalieri erano soliti scavalcarsi l'un l'altro, e che quello che oggi è vinto, dimani è vincitore”.
Ascoltò con animo riposato.
Aveva cessato di essere Don Chisciotte della Mancha e moriva così Alonso Chisciano il buono.
Il notaio allora disse ad alta voce: “ Non ho mai letto in alcuna opera di cavalleria che un cavaliere errante sia morto nel suo letto così tranquillo e così cristianamente rassegnato come don Chisciotte”.
Alonso Chisciano ammise che era stato un errore avere letto tutti quei libri di cavalleria e di aver compiuto tante stramberie: era diventato savio come gli altri volevano.
Fu solo allora che morì.

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