Vogliamo che non ci siano sprechi nella sanità, vogliamo che ci sia la “potatura” dei rami secchi e dunque tagli mirati, giusti e giustificati ma…..vogliamo una sanità che funzioni.
Vogliamo una “sanità normale” non eccellente (siamo stufi delle “eccellenze” usate come specchietto per le allodole). Vogliamo che un cittadino che ha bisogno di essere curato sappia come, dove e quando questo avverrà. Essendo certo che questo “percorso” non rappresenti, un “terreno minato” che rischi di farlo saltare per aria da un momento all’altro..
Oggi la sanità in Calabria è lasciata alla “libera interpretazione” del singolo (sia esso medico o paziente) dove a farla da padrone sono gli “untori della sanità”: medici che utilizzano gli ospedali come “cliniche private” e “pazienti fai da te” che grazie al favore degli amici hanno accesso a qualsiasi prestazione.
Questa è la “terra del favore” e dello “sfruttamento”: la sanità, in tal senso, non fa eccezione ! Dalla relazione Ricci-Serra sembrerebbe che in Calabria l’attività medica privata (intesa come attività di un medico che si paga nel proprio studio) non esista ! Eccome se esiste ! I medici si “trasportano”, regolarmente, i pazienti negli studi privati fuori dall’ospedale (con la scusa banale che non sono stati approntati gli spazi per la libera attività dentro l’ospedale) dove evitano “accuratamente” di fatturare: ecco perché non vi è traccia di libera attività; di contro i “pazienti furbi” (pazienti si fa per dire) godono dei favori e della compiacenza del personale di servizio, per eseguire gratuitamente prestazioni di ogni genere, dalle semplici analisi agli esami più sofisticati e costosi.
Alla fine a pagare questo “scempio” ( alla fine il conto si presenta) saremo tutti noi cittadini della “polis mercato”. E la politica ? Non sa (e non vuole sapere) neppure da dove iniziare per incompetenza, negligenza, incapacità, arroganza, affarismo, clientelismo e quant’altro. Oggi nessuna persona dotata di buonsenso vorrebbe trovarsi nei panni di chi è costretto a fare delle scelte. Oggi, infatti, si è “costretti” a delle scelte che dovranno essere necessariamente “scelte di risparmio” per l’enorme deficit nella sanità calabrese e che comporteranno (dicono) “lacrime e sangue”: frase che ci viene ripetuta come un ritornello per, stranamente, “farci assuefare” al nuovo clima torrido di questa estate altrettanto strana. Le lacrime ed il sangue è stato versato, sino ad oggi, dalle tante “vittime della sanità” e non vorrei che si continuasse in questa direzione. Non vorrei insomma che a pagare fossero sempre i pazienti e, specialmente, quelli più deboli ed indifesi.
Vogliamo piangere ed anche lasciarci fare qualche salasso ma non per avere alla fine una “sanità anemica”, inerme ed impotente a sostenere una risalita verso la normalità. Non vogliamo “cose dell’altro mondo” ma cose di “questo mondo” e che non ci vengano elargiti come concessioni o favori ma come “normalità”.
Per fare questo ci vuole spirito di sacrificio, abnegazione, interesse al bene comune, tenacia, perseveranza conditi con una dose di buona volontà: ci saranno tutti questi ingredienti ?
La mia visione protagorea dell’uomo, come misura di tutte le cose, mi porta ad un “sano pessimismo”, in quanto dell’uomo parte integrante di una comunità, e dunque dedito al bene di essa, si sono perse le tracce. Comprendo che, tentare di riportare alla norma la sanità in Calabria, è un’impresa titanica ma confido nelle capacità di chi è deputato a farlo. Per non fallire (e ad oggi non ce lo possiamo permettere) è fondamentale operare delle scelte “oculate”, avvalendosi della professionalità e delle competenze ma soprattutto, di chi ha a cuore la salute del paziente. Sino ad oggi, l’unico ostacolo nella sanità sembra essere stato l’ammalato ! Si spera che nel futuro l’ammalato diventi il centro dell’attenzione degli operatori sanitari e della politica e non il nemico da cui guardarsi.
Vogliamo una “sanità normale” non eccellente (siamo stufi delle “eccellenze” usate come specchietto per le allodole). Vogliamo che un cittadino che ha bisogno di essere curato sappia come, dove e quando questo avverrà. Essendo certo che questo “percorso” non rappresenti, un “terreno minato” che rischi di farlo saltare per aria da un momento all’altro..
Oggi la sanità in Calabria è lasciata alla “libera interpretazione” del singolo (sia esso medico o paziente) dove a farla da padrone sono gli “untori della sanità”: medici che utilizzano gli ospedali come “cliniche private” e “pazienti fai da te” che grazie al favore degli amici hanno accesso a qualsiasi prestazione.
Questa è la “terra del favore” e dello “sfruttamento”: la sanità, in tal senso, non fa eccezione ! Dalla relazione Ricci-Serra sembrerebbe che in Calabria l’attività medica privata (intesa come attività di un medico che si paga nel proprio studio) non esista ! Eccome se esiste ! I medici si “trasportano”, regolarmente, i pazienti negli studi privati fuori dall’ospedale (con la scusa banale che non sono stati approntati gli spazi per la libera attività dentro l’ospedale) dove evitano “accuratamente” di fatturare: ecco perché non vi è traccia di libera attività; di contro i “pazienti furbi” (pazienti si fa per dire) godono dei favori e della compiacenza del personale di servizio, per eseguire gratuitamente prestazioni di ogni genere, dalle semplici analisi agli esami più sofisticati e costosi.
Alla fine a pagare questo “scempio” ( alla fine il conto si presenta) saremo tutti noi cittadini della “polis mercato”. E la politica ? Non sa (e non vuole sapere) neppure da dove iniziare per incompetenza, negligenza, incapacità, arroganza, affarismo, clientelismo e quant’altro. Oggi nessuna persona dotata di buonsenso vorrebbe trovarsi nei panni di chi è costretto a fare delle scelte. Oggi, infatti, si è “costretti” a delle scelte che dovranno essere necessariamente “scelte di risparmio” per l’enorme deficit nella sanità calabrese e che comporteranno (dicono) “lacrime e sangue”: frase che ci viene ripetuta come un ritornello per, stranamente, “farci assuefare” al nuovo clima torrido di questa estate altrettanto strana. Le lacrime ed il sangue è stato versato, sino ad oggi, dalle tante “vittime della sanità” e non vorrei che si continuasse in questa direzione. Non vorrei insomma che a pagare fossero sempre i pazienti e, specialmente, quelli più deboli ed indifesi.
Vogliamo piangere ed anche lasciarci fare qualche salasso ma non per avere alla fine una “sanità anemica”, inerme ed impotente a sostenere una risalita verso la normalità. Non vogliamo “cose dell’altro mondo” ma cose di “questo mondo” e che non ci vengano elargiti come concessioni o favori ma come “normalità”.
Per fare questo ci vuole spirito di sacrificio, abnegazione, interesse al bene comune, tenacia, perseveranza conditi con una dose di buona volontà: ci saranno tutti questi ingredienti ?
La mia visione protagorea dell’uomo, come misura di tutte le cose, mi porta ad un “sano pessimismo”, in quanto dell’uomo parte integrante di una comunità, e dunque dedito al bene di essa, si sono perse le tracce. Comprendo che, tentare di riportare alla norma la sanità in Calabria, è un’impresa titanica ma confido nelle capacità di chi è deputato a farlo. Per non fallire (e ad oggi non ce lo possiamo permettere) è fondamentale operare delle scelte “oculate”, avvalendosi della professionalità e delle competenze ma soprattutto, di chi ha a cuore la salute del paziente. Sino ad oggi, l’unico ostacolo nella sanità sembra essere stato l’ammalato ! Si spera che nel futuro l’ammalato diventi il centro dell’attenzione degli operatori sanitari e della politica e non il nemico da cui guardarsi.
Nessun commento:
Posta un commento